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La bandiera della fame

  • Nicola Barbato
  • Aug 9, 2018
  • 1 min read

All’oligarchia degli artisti preferisco la dittatura del mio Stato d’animo.

Facile voler andare a morte se non si ha mai visto il fronte, un pagliaccio, senza naso rosso, non diventa un funambolo se non precipita.

Siete cercatori? E di cosa? Della parola? Sì, con i piedi a bagno nei torrenti, senza il setaccio. Raccoglierete solo pietruzze che dipingerete di giallo.

La scintilla non nasce nei circoletti

appagati, germoglia dalle pisciate dei barboni fuori le porte. I borbottii degli stomaci affamati sarà l’inno della Rivoluzione. Ubriachiamoci con il vigneto più usurato che ha resistito a più di una grandinata: il nevischio ci aiuta a vomitare, con la rugiada ci laviamo le ascelle.

Che colpa ne ho se sono solo carne, sangue e ossa? Se la poesia ricuce ferite e se la prosa sputa gli aghi? Che colpa ho se la voce è megafono dell’anima e se quell’anima è più silenziosa che mai?


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