Odi, I, 11 (Carpe diem)
- Quinto Orazio Flacco
- Dec 30, 2017
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Tu ne quaesieris (scire nefas) quem mihi, quem tibi finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios temptaris numeros. Ut melius quicquid erit pati! Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam, quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare Tyrrhenum, sapias, vina liques et spatio brevi spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
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Non domandare tu mai quando si chiuderà la tua vita, la mia vita, non tentare gli oroscopi d’oriente: male è sapere, Leucònoe. Meglio accettare quello che verrà, gli altri inverni che Giove donerà o se è l’ultimo, questo che stanca il mare etrusco e gli scogli di pomice leggera. Ma sii saggia: e filtra vino, e recidi la speranza lontana, perché breve è il nostro cammino, e ora, mentre si parla, il tempo è già in fuga, come se ci odiasse! così cogli la giornata, non credere al domani.
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