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Carme 8

  • Gaio Valerio Catullo
  • Jun 23, 2017
  • 1 min read

Miser Catulle, desinas ineptire. Et quod vides perisse perditum ducas. Fulsere quondam candidi tibi soles, cum ventitabas quo puella ducebat amata nobis quantum amabitur nulla. Ibi illa multa cum iocosa fiebant quae tu volebas nec puella nolebat. Fulsere vere candidi tibi soles. Nunc iam illa non vult; tu quoque, impotens, noli nec quae fugit sectare, nec miser vive, sed obstinata mente perfer, obdura; vale puella, iam Catullus obdurat. Nec te requiret, nec rogabit invitam at tu dolebis, cum rogaberis nulla. Scelesta, vae te; quae tibi manet vita! Quis nunc te adibit? Cui videberis bella? Quem nunc amabis? Cuius esse diceris? Quem basiabis? Cui labella mordebis? at tu Catulle, destinatus, obdura.

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Disperato Catullo, falla finita con le tue follie; ciò che vedi perduto, consideralo tale. Brillarono un tempo per te giornate radiose, quando sovente venivi agli incontri che la ragazza fissava, quella che abbiamo amata come nessun'altra ameremo. Là si svolgevano giochi gioiosi d'amore senza mai fine, che tu pretendevi, né lei rifiutava (brillarono veramente per te giornate radiose). Ormai lei li rifiuta; (rifiutali) anche tu, sebbene incapace a frenarti. Non cercarla, se sfugge; e non vivere da disperato, ma con ostinazione sopporta; tieni duro. Cara ragazza, addio. Alla fine Catullo tiene duro; più non ti cercherà, più non t'implorerà, tanto non lo vuoi; ma ti pentirai, quando nessuno più t'implorerà. Guai a te, disgraziata! Che vita t'attende? Chi adesso ti verrà a cercare? Chi ti troverà carina? Con chi farai oggi l'amore? A chi dirai: «Sono tua»? A chi darai i tuoi baci? A chi morderai le labbra? Ma tu, Catullo, con ostinazione tieni duro!


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